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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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De Natura Deorum III,39
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originale
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[39] Nec ratione igitur utentem nec virtute ulla praeditum deum intellegere qui possumus? Nec vero volgi atque imperitorum inscitiam despicere possum, cum ea considero, quae dicuntur a Stoicis. Sunt enim illa imperitorum: piscem Syri venerantur, omne fere genus bestiarum Aegyptii consecraverunt; iam vero in Graecia multos habent ex hominibus deos, Alabandum Alabandis, Tenedi Tenen, Leucotheam, quae fuit Ino, et eius Palaemonem filium cuncta Graecia -- Herculem, Aesculapium, Tyndaridas, Romulum nostrum aliosque compluris, quos quasi novos et adscripticios cives in caelum receptos putant.
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traduzione
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39. D'altra parte, per?, ? anche inconcepibile un dio che non faccia uso di ragione e che sia sfornito di virt?.
Quando mi volgo a considerare quanto van dicendo gli Stoici non mi riesce pi? di giudicare con severit? l'ignoranza
della massa e delle persone digiune di cultura. I Siriani adorano un pesce gli Egiziani hanno divinizzato ogni sorta di
animali e in Grecia si ? giunti al punto di elevare molti uomini alla dignit? divina come fecero gli Alabandi per
Alabando, i Tenedii per Tene e tutta la Grecia per Leucotea, precedentemente chiamata Ino e per il figlio Palemone
nonch? per Ercole, Esculapio, i Tindaridi. il nostro Romolo e moltissimi altri che si ritengono accolti in cielo come
nuovi cittadini di recente iscrizione.
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